Sottobraccio con l'invidia
#17. Candeline, doloretti (mica tanto) e una vocina a cui dare ascolto.
Luglio è il mese del mio compleanno.
Lo attendo da sempre con una lieve frenesia, un vibrare dello sterno che mi imperla i palmi delle mani e anche un po’ i baffetti.
Ok, è estate piena e con 35 gradi -percepiti millemila- imperlare è un eufemismo. Ma da quando sono nata, appunto, l’estate piena è la mia: un luglio che dura tre mesi.
Capitava che le mie amiche e compagni di scuola preferiti ai miei compleanni non ci potevano venire perché dovevano andare in ferie con la famiglia. Toccava invitare quei quattro o cinque con il papà che lavorava in fabbrica e prima di agosto, di ferie, non se ne parlava.
Tantissimi ne ho festeggiati in montagna perché in ferie ci andavamo noi, quando papà ai turni di riposo ci attaccava tre settimane. Le amicizie della montagna con cui condividere torta, diapositive e candeline erano quelle della stagione: capitavano.
I miei compleanni mi sono sempre piaciuti, ovunque e con chiunque, e anche oggi che sono adulta e le mie amicizie si sono stabilizzate, c’è sempre, ogni anno, gente diversa, qualcuno e qualcuna di “nuovo”. Il mio compleanno è sempre stato un porto di mare.
42+1: all’età delle rivelazioni, 'sto giro, si aggiungono altri trecentosessantacinque giorni. Pensa te quante ne dovrei sapere, ormai!
In effetti, di rivelazioni ne ho avute parecchie ultimamente e per di più, tutte su un botto che mi hanno fatto vacillare non poco. Sto ancora tremando.
Chissà se riuscirò mai a tirare la riga delle somme e capire che la vita è questa, è qui, un susseguirsi di compleanni più o meno consapevoli.
"Accidenti, guardati! Sano, ricco e saggio. Tu sei un ragazzo fantastico bloccato nel corpo di qualcuno che è sempre in ritardo."
A real pain
Quello della mancanza che si fa invidia che si fa impotenza che si fa frustrazione. È un dolore vero, reale, come qualsiasi altro se mai ci fosse una stupida classifica del dolore.
In questo film, scritto, diretto e interpretato da Jesse Eisenberg (che, dallo Zuckerberg in The Social Network del 2010, di strada ne ha fatta parecchia) il dolore è protagonista a tutti i livelli.
L’olocausto in Polonia, il genocidio in Ruanda, il divorzio di Marcia, l’ossessione di Dave, la depressione di Ben (Kieran Culkin, il fratellino da Oscar di Richie Rich), un uomo vagabondo e puro che nonostante abbia perso le sue radici e l’amore per sé stesso, vive con le proprie emozioni sottobraccio, scoperte, dichiarate, arrese. Intense.
Ben non si vergogna di essere quello che è, anche se ha cercato di non essere più niente. E Dave, lo ama e lo odia per questo. Lo invidia e lo teme.
Le persone emotivamente disarmate fanno questo effetto a chi, gli abbracci, li considera una concessione troppo avvolgente.
Una commedia-drammatica di una sensibilità dotta e di una profondità che commuove e muove.
Cade a fagiolo per me, che sono di passaggio.
La ragionevole invidia
Nasce dalla stima che si prova verso una persona. Almeno per me è così. Più ho a cuore qualcuno, più gli/le voglio bene e lo/la apprezzo, più l’invidia si fa ingombrante.
Sono una brutta persona?
Forse anche no. Provare invidia, vivaddio, è umano, fa parte della ruota delle emozioni che ancora ci è consentito provare (quando non crea danno, è ovvio) quanto la vergogna o la paura.
I social poi, hanno ormai lo scopo di provocarcela, l’invidia. Ce la cava proprio dai calcagni con le stories patinate e artefatte, salvo poi rivendicarne l’imprescindibile autenticità.
Io, ammetto, provo invidia con un certo orgoglio.
Mi chiedo, è così orribile cercare una versione migliore di me? Trovo sia questa l’onda che cavalca l’invidia (dico una cazzata?): una nuova spiaggia su cui sostare, in cui edificare una nuova parte di me, fosse anche solo l’ombrellone e la sdraio. Aspirare a qualcosa di meglio, fare di un peccato capitale un nuovo obiettivo, trasformativo.
Non è da molto tempo che ho riconsiderato questo sentimento peccaminoso. A casa mia ha sempre veleggiato una certa superstizione. Quando si parlava di malattie, non ci si doveva toccare la parte del corpo in questione, che non si sa mai. Se andavi dal dottore o avevi un colloquio di lavoro, il classico “tocca ferro” non te lo toglieva nessuno. Mi è stato insegnato che avere invidia di qualcuno non era bello, che poi rischi che a te, quella cosa lì che tanto vorresti, non ti capiterà mai.
Crescendo, invece, ho imparato che l’invidia, quando non è accanita competizione o cattiveria gratuita, è parte di un cambiamento. La scintilla che ti fa vedere oltre, che ti fa desiderare oltre. Perché no, quindi?
Per certo so che non solo la sola a pensarla così. Valeria Zangrandi, nella sua ultima newsletter “Briciole e bottoni” (di cui ti consiglio l’iscrizione e la lettura se ti appassionano le parole) confessa questo:
Ci sono alcune cose che invidio in modo istintivo e viscerale: una bellissima voce, una buona memoria, il privilegio di non dover mai pensare “se ci arriva una spesa gigante improvvisa ce la facciamo?”.
Poco altro.
Ho la fortuna di capire quanto sono fortunata. Io e le persone che amo per ora stiamo bene di salute, ho una casa (che pagherò per i prossimi 26 anni, but still), sto facendo un lavoro che mi piace e che mi fa campare e posso addirittura permettermi qualche piccolo sfizio.
Però questo non vuol dire che non provi mai delle invidie passeggere. Non sono radicate come quelle che ho scritto all’inizio di questa lettera, di solito arrivano, stanno lì un po' e se ne vanno, però ci sono.
E oltre a Valeria, l’Invidiosa Angela Cannavò ha fatto di questo scomodo sentimento un vero e proprio gancio di comunicazione. Nella presentazione della sua newsletter (linkata sopra) scrive:
L’invidia è un tabù e credo che certi pensieri non vadano sempre tenuti al buio: dopo un po’ puzzano.
Puzzano eccome, dico io.
Meglio aprire qualche finestra, anche quando piove.
Quali sono le tue invidie istintive, viscerali e -a questo punto- puzzolenti?
Ti concedo questo piccolo spazio per pensarci: fai una lista o scrivile in risposta a questa Cartuccia o nei commenti. Quante ne abbiamo in comune? Secondo me, ben più di una.
Dichiarale ti darà sollievo se, come me, hai l’istinto conservatore di cercare un tubo di metallo su cui posarci le corna di indice e mignolo. Si sa mai. Da lì, dopo averle dichiarate e visualizzate, concediti una nuova prospettiva:
come possono andare le cose? dove potresti e vorresti andare tu?
“Non vedi cosa succede quando entri in una stanza?
Io darei tutto per provare quella sensazione, illuminando una stanza quando entro.”
Se la tua invidia potesse parlarti
Ti ricorderebbe di quella volta che hai desiderato tanto i capelli lisci alla Jennifer Aniston da convincerti a provare quel miracoloso acido anni Novanta sulla tua criniera cresposa solo per farti scoprire (e ti è andata daddio) che la tua indomabile chioma era destinata a rimanere tale.
Vita natural durante.
Che voce ha la tua invidia? In che modo la riconosci, la zittisci, la ascolti? Verso quale direzione ti fa agire?
Che aspetto ha? Cosa ti dice?
La tua invidia è parte di te, dimora in te, che ti piaccia o meno. Scrivi un dialogo tra voi due, dove a condurlo sei tu: cerca di focalizzare cosa cerca di comunicarti e quali sono le sue radici più profonde.
E infine: come trasformi o hai trasformato la tua invidiosa invidia in energia creativa?
Io ci ho scritto una Cartuccia.
Oh. Ci ho provato, ecco.
Nel Diario di scrittura e riflessioni creative che ho pubblicato con Ariele Pirola, ti suggerisco un esercizio che richiama quella vocina nel tuo cervello che pare divertirsi a seminare dubbi:
la tua Critica Interiore, nome e cognome.
Se vuoi indagare più a fondo, libera la zia Jess che dimora in te (io con lei ci parlo spesso) e non farti sfuggire questa possibilità.
Ah, dimenticavo!
Sto progettando un altro librino, simile al Diario, di cui però non posso anticiparti molto. Quello che però posso dirti è che l’ho ragionato con cura, con direzione e un briciolo di maturità (ed esperienza) in più.
Lo scoprirai solo restandomi accanto.
Sono Chiara Foffano, digital storyteller e copywriter freelance.
Mi occupo di comunicazione, di parole e significati, di sfumature e visioni. Sono anche una RebelHands ed è una delle mie più grandi fortune.
Vorresti conoscermi per capire se possiamo lavorare insieme con la scrittura? Ti propongo 30’ di video-call:
Vuoi leggere qualcosa che ti faccia sorridere? Nel mio blog scrivo di cose inutili che non interessano a nessuno. Perché c’è sempre un po’ di “nessuno” in ognuno di noi!